L’ANNEGATA

 

È un’acqua bassa,

che guadano i cinghiali

nottetempo, lasciando sulle rive

tracce disordinate.

Ma come poteva saperlo,

lei, che veniva da così lontano?

Sarà stata una pozza imprevedibile,

la fatica, un sasso viscido o quella paura

che può cogliere alla fine del viaggio:

e forse aveva già capito di non avere speranza

 

Tempo fa Fabio Pusterla scrisse questa poesia in ricordo di una donna, forse di origine pachistana, trovata morta annegata nel fiume Tresa. Erano gli anni Novanta, periodo in cui iniziava a farsi sentire il grande tema della migrazione. Oggi il poeta ticinese ha voluto ricordare quella donna senza nome in relazione a tutte quelle persone che, in Ticino, sono beneficianti del soccorso d’emergenza e vivono in una sorta di limbo senza uscita. Si tratta di uomini, donne, ma anche bambini, provenienti dall’Eritrea, l’Etiopia, l’Afghanistan, l’Iraq o l’Iran, la cui richiesta d’asilo è stata respinta in maniera definitiva, ma che non possono essere rimpatriate con la forza nei loro Paesi d’origine.

 

Scrive Pusterla: «Oggi 111 persone, di cui conosciamo il nome e la storia, sono in pericolo e potrebbero essere salvate. Salvarle, ridando loro dignità, non riporterebbe in vita l’anonima fuggiasca annegata nella Tresa; ma potrebbe attenuare il peso di quel ricordo vergognoso».

 

La riflessione del poeta è stata letta da un militante del Collettivo R-esistiamo al cancelliere del Canton Ticino, Arnoldo Coduri. L’uomo era parte di una piccola delegazione che ha consegnato una lettera firmata da 371 persone al Consiglio di Stato. La missiva chiede al Governo di regolarizzare lo statuto di soggiorno delle 111 persone straniere che si trovano in aiuto d’urgenza in Ticino. La possibilità di farlo c’è, come ci spiega l’avvocata Immacolata Iglio Rezzonico: «L’articolo 14 della legge sull’asilo prevede che una persona richiedente l’asilo, su proposta del Cantone, può ottenere un permesso di soggiorno se si trova sul territorio svizzero da più di 5 anni e si è in presenza di un grave caso di rigore personale in considerazione del grado d’integrazione dell’interessato». La lettera era accompagnata da 371 firme di cittadine e ccittadini, raccolte a partire dal 6 gennaio quando, con una manifestazione a Bellinzona, R-esistiamo aveva sensibilizzato sulla questione.

 

 

In Svizzera ci sono circa 3’000 persone che beneficiano del soccorso d'emergenza. In Ticino sono 111 secondo quanto risposto dal Governo ad una recente interrogazione di Beppe Savary (Forum Alternativo) e Samantha Bourgoin (Verdi). Un numero dietro al quale ci sono delle persone, come ricorda l’avvocata Iglio Rezzonico: «Sono persone che, se messe nella condizione, potrebbero fare una formazione, svolgere un lavoro, gestire la loro vita, ma a cui tutto è vietato. Dopo la scuola dell’obbligo non possono accedere ad altre formazioni o apprendistati, non possono lavorare, non possono formare una famiglia o ricongiungersi con la propria, non possono muoversi. Non possono fare nulla e si trovano in un limbo disumano che non si può chiamare vita».

 

Il Collettivo ha anche consegnato all’Ufficio del medico cantonale un libro scritto da un gruppo di medici romandi che spiega come l’attuale dispositivo migratorio faccia ammalare queste persone già fragilizzate: «Purtroppo abbiamo constatato anche qui in Ticino che molte di queste persone si ammalano proprio a causa di questa situazione che sono costretti a vivere» spiega Luisella Manzambi, militante di R-esistiamo.

 

Per ora il Governo ticinese si è dimostrato poco propenso a riconsiderare la posizione di queste persone. La logica è quella dello scaricabarile: «Dicono che la responsabile delle decisioni è la Segreteria di Stato per le migrazioni (SEM) e di non poterci fare niente. In realtà potrebbero come detto sostenere un decreto di rigore. Sarebbe un atto di responsabilità, oltre che di umanità» conclude Immacolata Iglio Rezzonico.

 

Pubblicato il 

08.02.24
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