Il 24 febbraio 2022 l’Europa si risvegliò con l’incubo reale della guerra sul continente. Dopo settimane d’incertezze, la Russia aveva davvero invaso l’Ucraina. Da quel giorno, morte, devastazione e disperazione provocate dalla follia umana guerrafondaia tornarono ad agitare il continente europeo. Forse qualcuno quel giorno brindò, come fecero nel 2009 quegli impresari sciacalli al telefono quando la terra tremò all’Aquila, fregandosi le mani per le prospettive di affari nella ricostruzione. O forse no. Di certo, vi è chi ha festeggiato negli ultimi due anni. Dallo scoppio della guerra in Ucraina, le cinque più grandi aziende petrolifere e del gas hanno realizzato profitti per 281 miliardi di dollari. Gli azionisti di Shell, BP, Chevron, ExxonMobil e TotalEnergies, hanno incassato nel solo 2023 complessivamente 111 miliardi di dollari, una cifra mai raggiunta nei dividendi degli anni precedenti. Lo ha calcolato Global Witness, l’Ong internazionale che si batte per la giustizia ambientale, sommando gli utili e i pagamenti a partire dal secondo trimestre del 2022 al quarto trimestre dello scorso anno compreso.


«Indipendentemente da ciò che accade in prima linea, le major dei combustibili fossili sono i principali vincitori della guerra in Ucraina, accumulando ricchezze indicibili grazie alla morte, alla distruzione e alla spirale dei prezzi dell’energia» ha dichiarato Patrick Galey, ricercatore senior sui combustibili fossili alla Global Witness. «Ora stanno spendendo i loro guadagni in sussidi agli investitori e in una sempre maggiore produzione di petrolio e gas, di cui l’Europa non ha bisogno e che il clima non può sopportare». Già, perché non di sole tragedie umane si arricchiscono le Big Oil. Nei loro piani, il petrolio deve rimanere la fonte di ricchezza, con buona pace per l’ambiente. L’anno scorso, riferisce la Global Witness, la Shell ha rinunciato all’impegno di ridurre la produzione di petrolio nel decennio, licenziando circa 200 dipendenti dalla divisione green. Dal canto suo, Bp ha diminuito significativamente il suo impegno di riduzione delle emissioni.


Tra i grandi beneficiari della guerra russa in Ucraina, non possiamo non citare un’azienda ticinese con sede a Lugano, di cui area si era già occupata. DXT Commodities, attiva nel commercio di elettricità, gas e gas naturale liquefatto, di proprietà di Bruno Bolfo, parla di “storico record”, riferendosi al 2023. Se nel report dell’anno precedente definiva straordinario il profitto netto di 82,7 milioni di franchi (quasi il doppio rispetto al 2021), i 260 milioni dello scorso anno diventano un “record imparagonabile” (+225%). Il merito dello storico guadagno va, scrive l’azienda nel suo bilancio, alla sostituzione di gas naturale con massicce importazioni di gas liquido da parte dei paesi europei.


Senza sorprese, fra gli altri vincitori indiscussi della guerra in Ucraina, si annoverano le big dell’industria bellica. Nel farci gli affari loro, ci limitiamo alle tre giganti del comparto, tutte americane. Lockheed Martin, General Dynamics e Raytheon Technologies lo scorso anno hanno realizzato profitti netti per quasi 24 miliardi di dollari, con un incremento medio del 12% rispetto al già ottimo anno precedente. “Questo è un settore affidabile per uno che investe e ha una solida storia di generazione di rendimenti per gli azionisti, un settore che dopo la pandemia e l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin dovrebbe andare bene dal 2022” spiega senza pudore un sito specializzato nei consigli su quali investimenti scegliere.


Anche noi svizzeri contribuiremo alla prosperità del ramo. Oltre ai 26 miliardi di franchi richiesti dal Dipartimento federale della Difesa per il prossimo quadriennio, non vanno scordati i cinque miliardi di franchi che verseremo alla statunitense Lockheed Martin, la più grande azienda mondiale del settore aerospaziale e della difesa, per l’acquisto di 36 aerei da combattimento F-35.

Pubblicato il 

23.02.24