Dietro lo specchio

I ghiacciai perenni che si squagliano a vista d’occhio (10% in 2 anni). Temperature “fuori norma” con da noi parecchi giorni consecutivi di canicola, anche fino a 1.200 m di quota. Oltre all’aumento di temperatura un elenco un po’ ovunque di eventi eccezionali e devastanti: trombe d’aria, uragani, siccità prolungata, seguita da precipitazioni intense, veri e propri diluvi, con inondazioni distruttive. Meno visibile, ma altrettanto devastante, l’innalzamento e/o sparizione del permafrost a certe quote nelle Alpi (causando rottura di ghiacciai, frane,) e nei territori vicini alle calotte (Alaska, Siberia, causando rilascio nell’atmosfera di forti quantitativi di gas a effetto serra).


In altre parole la stabilità climatica, e con essa le condizioni favorevoli che avevano accompagnato l’umanità negli ultimi 10.000 anni, se ne stanno andando a ramengo, in modo sempre più rapido! Un fallimento degli accordi internazionali, soprattutto da imputare a vincoli troppo elastici riguardanti la scadenza di esecuzione delle misure destinate a limitare l’aumento della temperatura media di +2 °C rispetto all’inizio dell’industrializzazione, ulteriore dimostrazione delle reali capacità operative, delle Convenzioni e accordi internazionali, allorquando entrano in ballo specifici interessi geopolitici e/o economici-finanziari a corto termine.


Politici che – come possiamo constatare d’altronde leggendo la “propaganda elettorale” per le elezioni federali – che si limitano a proporre: maggiore efficienza energetica, sostituzione del vettore energetico fossile (carbone, petrolio, gas), riduzione della mobilità veicolare individuale, favorendo quella collettiva ecc. Misure certamente utili per ridurre l’impronta ecologica, ma insufficienti a sovvertire la rotta del vascello terra verso l’“iceberg 6a estinzione di massa”.


Proposte frutto, oltre che di interessi di parte, anche di un’errata interpretazione di quanto sta avvenendo. La maggioranza dei responsabili governativi, nonché quella della comunità degli economisti, essendo tuttora convinta che con la Natura si possa ritornare indietro a situazioni antecedenti (come avviene tirando una molla) e ripristinando le condizioni favorevoli del passato.

 

Resilienza la parola “in auge”. Termine abusato, e pure in questo interpretato erroneamente quale capacità di reagire per consentire di ritornare allo stato di equilibrio originario. Errato perché, nella natura, come spiega la scienza, il tempo scorre in maniera unidirezionale, indicando l’orientazione dei processi naturali sia quelli della Terra sia dell’universo. Nella natura tutti gli esseri viventi interagiscono con l’ambiente circostante, con esso evolvono modificando la situazione.

 
Resilienza va quindi interpretata quale modo di agire sul mondo. Dal punto di vista sociale (individuale-collettivo), come spiega Fiona Miller, significa “imparare a vivere con il mutamento, sviluppare le necessarie capacità, invece che tentare di bloccarlo”. Tradotto in termini operativi vuol dire abbandonare il criterio dell’efficienza rimpiazzandolo con quello di adattività. Adattività che da sempre è la pratica del resto della comunità degli esseri viventi (a loro volta in continua evoluzione) e che fu propria anche agli esseri umani fino all’avvento  della rivoluzione industriale, quando efficienza divenne il criterio dominante.


Ne stiamo vivendo le conseguenze e disponiamo, seppur piccolo, di un margine temporale che ci consente di voltare pagina: accettare quali umani di appartenere al mondo biologico e alle sue leggi, passando così da un rapporto di espropriazione attuale, a quello di riarmonizzazione.
La “decisione” sta nelle stanze del potere: politico ed economico. Ai movimenti della società civile di ricordarlo.

Pubblicato il 

12.10.23
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