Lavoro

Il Parlamento, a cui la Costituzione affida il potere legislativo, è ridotto al silenzio da un governo aggressivo e decisionista che ne sostituisce le funzioni. E lo stesso governo è stato trasformato in un circolo di paria perché a decidere è sempre più spesso l’imperatore, anzi l’imperatrice, la donna sola al comando che sterilizza il dibattito parlamentare e abolisce persino gli emendamenti della sua stessa maggioranza alla manovra economica. Sono le prove generali per l’assalto alla Costituzione con l’introduzione del premierato.

 

La democrazia parlamentare è sotto attacco ma non è questo che preoccupa il vicepremier e ministro dei trasporti Matteo Salvini: lo schema gli andrebbe anche bene se il premier fosse lui, invece sul trono c’è lei, Giorgia Meloni, e il segretario della Lega rischia di diventare invisibile e ininfluente sulla base del principio che in un pollaio c’è posto per un solo un gallo (“troppi galli a cantare, non si fa giorno”, recita un vecchio proverbio popolare). Salvini è uno a cui gettare l’osso dell’improbabile ponte sullo stretto di Messina, e poco più. E così, dal cappello del prestigiatore è uscito il coniglio della precettazione dei lavoratori dei trasporti per impedire o almeno ridimenzionale lo sciopero generale indetto da Cgil e Uil che inizia il 17 novembre; è un modo per riconquistare visibilità nelle pagine dei giornali, nei notiziari e nei talk show televisivi. Per parafrasare Pier Capponi, se Giorgia Meloni suona le sue trombe (attacco ulteriore alle pensioni, abolizione del reddito di cittadinanza, favori a evasori, banche e multinazionali, precarizzazione, niet alla legge sul salario minimo), Matteo Salvini suona le sue campane attaccando il diritto di sciopero come mai era avvenuto nell’Italia postfascista (postfascista per modo di dire).


Le campane di Salvini sono campanacci e dietro la lotta tra galli e galline si cela il più grave degli attacchi alla democrazia, con la pretesa di decidere se uno sciopero è generale o no, se è politico o no, se è legittimo o no, se è accettabile o no che sia fissato di venerdì perché così, sbraita Salvini, “Landini vuole prolungare il weekend”. Siccome esiste una autority per garantire il rispetto della legge che regolamenta gli scioperi nei servizi, è da qui che arriva il batacchio della campana salviniana. L’autority decide che essendo articolato su giornate diverse – per le regioni del centro, del nord, del sud, per Sicilia e Sardegna – lo sciopero di Cgil e Uil non può essere definito generale anche se coinvolge tutte le categorie dei lavoratori e dunque per i trasporti vanno rispettate regole specifiche più restrittive, al massimo sono legittime quattro ore di astensione dal lavoro e non l’intera giornata. C’è un piccolo particolare, ed è che tutti e cinque i membri che compongono l’autority che dovrebbe essere super partes sono di stretta osservanza governativa e rispondono a chi li ha messi lì, Meloni e Salvini. Perché l’occupazione del potere da parte delle destre non si ferma, dalla Rai alla cultura, dai teatri alle autority. Si capisce dunque l’assist del presunto garante al ministro e al governo.

 

La Cisl rompe l'unita sindacale

C’è un aspetto particolarmente triste in questo gravissimo attacco al diritto di sciopero. Riguarda la rottura dell’unità sindacale da parte della Cisl, sempre più tenera nei confronti del governo, persino in presenza di una manovra economica indecente e classista. Il segretario del sindacato cattolico Luigi Sbarra parla di luci e ombre, attacca lo sciopero delle altre due organizzazioni contestandone ragioni e modalità, difende i diritti degli utenti contro quelli dei lavoratori. Salvini ringrazia e plaude alla raccolta di firme della Cisl per la cogestione che prevede un rappresentante dei lavoratori nei consigli di sorveglianza e di amministrazione delle imprese.

 

Un esito non voluto della bagarre populista contro i lavoratori scatenata dal ministro dei trasporti e fatta propria da Giorgia Meloni e dall’intero governo, è che dello sciopero generale sono stati costretti a parlare tutti i media, la notizia è circolata come mai negli ultimi anni, caratterizzati dal silenzio e dall’indifferenza della politica e dell’informazione ai diritti violati e alle battaglie dei lavoratori. Le opposizioni parlamentari, almeno Pd, M5S, Alleanza Verdi e Sinistra si sono schierate compattamente a favore dello sciopero e contro la precettazione. Anche le organizzazioni degli studenti hanno aderito allo sciopero e alle manifestazioni che il 17 novembre si terranno nei capoluoghi delle regioni del centro Italia, “contro lo sfruttamento e la precarietà”, precisano. Contro la precettazione del governo, che rappresenta un pericolosissimo precedente, Cgil e Uil annunciano il ricorso anche se sono state costrette a sottostare al diktat riducendo a quattro ore lo sciopero nei trasporti per evitare conseguenze negative, non solo economiche, ai danni dei lavoratori.


La difesa del primo dei diritti dei lavoratori è una ragione in più per aderire allo sciopero generale.

Pubblicato il 

16.11.23
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