Le cose possono cambiare. Perfino nel campo della logistica, capolista indiscussa del modello di produzione Just on time abbinato al precariato. Possono cambiare se il sistema aziendale viene denunciato pubblicamente e preso di petto dai lavoratori organizzatisi collettivamente nel chiedere diritti e rispetto. A quel punto il sistema aziendale potrebbe vacillare, costringendolo a invertire la rotta.

 

Riavvolgiamo il nastro per inquadrare meglio la storia. Iniziamo da un “miracolo” imprenditoriale: diventare la più grande impresa privata di spedizione del paese senza autisti e senza furgoni. Vi sveliamo un segreto: di miracoloso non vi è nulla. Non è neanche una novità. Da decenni lo applicano nei più disparati rami economici e nelle rinomate università dove insegnano gestione aziendale, la teorizzano da decenni. Outsourcing lo chiama chi ama pavoneggiarsi usando dei termini inglesi. Nella pratica, si chiama scaricare i costi e la propria responsabilità del personale subappaltando i lavori a ditte esterne. È così che Dpd ha costruito il suo presunto miracolo.

Un sistema aziendale fondato su ottocento lavoratori che, pur vestendo divise e furgoni dell’azienda, erano impiegati da un’ottantina di ditte in subappalto. Imprese e lavoratori in condizioni ideali di ricatto permanente, lavorando esclusivamente per Dpd. Il risultato è stato una sistematica violazione del diritto del lavoro: giornate di 12-14 ore senza pausa e nessun pagamento degli straordinari, decurtazioni salariali arbitrarie, lavoro notturno non adeguatamente retribuito, niente rimborso delle spese per i pasti, stress estremo e via di questo passo. Per capire che razza di vita sia quella dei corrieri in subappalto, consigliamo la visione di Sorry We Missed You, film del regista britannico Ken Loach, il quale l’estate scorsa a margine del Film Festival di Locarno ha voluto incontrare alcuni ex lavoratori del deposito Dpd di Giubiasco (area ne ha parlato

 

Sui dipendenti in subappalto, Dpd esercita un controllo totale. L’azienda conosce esattamente in tempo reale la loro posizione quando sono al volante dei furgoni griffati col logo aziendale. Se la centrale ravvisa degli “errori”, tipo la perniciosa abitudine di fermarsi per andare in bagno ritardando le consegne, l’errore viene segnalato all’impresa subappaltatrice con la relativa richiesta di punizione, cioè di decurtazione salariale.

Quasi tre anni fa, il sindacato Unia rese pubblico il “Sistema Dpd”, ricostruito grazie alle testimonianze dei lavoratori in subappalto, stufi delle condizioni di sfruttamento e dell’atteggiamento pilatesco di Dpd. Una denuncia frutto di un lavoro di costruzione sindacale che portò alla costituzione di collettivi dei corrieri nei vari depositi sparsi nel paese.

Per tutta risposta, la società francese rifiutò qualsiasi confronto con lavoratori e sindacato, senza mai entrare nel merito delle contestazioni. Il conflitto si fece via via più intenso, dei magazzini furono bloccati e Dpd fece licenziare dalle ditte subappaltatrici alcuni dei lavoratori più attivi sindacalmente. Cinque corrieri licenziati al magazzino di Giubiasco portarono la protesta fin sotto il palazzo decisionale della proprietà a Parigi, La Poste (area ne ha scritto).

Il rappresentante del sindacato Cgt nel Cda dell’azienda statale (proprietaria di Dpd), portò la protesta all’interno dei vertici chiedendo alla dirigenza di attivarsi nei confronti della succursale svizzera. I licenziati non furono riassunti, ma il danno d’immagine fu pesante per Dpd Svizzera.

 

IL SISTEMA SI STA SGRETOLANDO?

Fin qui i fatti antecedenti, ora la novità. Dpd Svizzera ha iniziato ad assumere i corrieri direttamente. Sta succedendo in alcuni dei suoi dodici magazzini logistici dislocati nel paese. Succede a Bussigny (Vaud), Möhlin (Argovia) e a Giubiasco (Ticino), stando alle fonti sindacali. Al magazzino ticinese stanno per essere assunti direttamente circa un quarto degli attuali corrieri, tra i sei e gli otto autisti. Poco, forse direte. Ma è pur sempre un segnale.

«Attualmente sulla trentina di lavoratori, sono stati assunti i dipendenti di una subappaltatrice il cui titolare ha preferito chiudere a causa dei suoi scarsissimi margini di guadagno imposti da Dpd per il servizio. Se da una parte siamo contenti di veder parzialmente soddisfatta una delle nostre principali rivendicazioni per porre fine al Sistema Dpd – spiega Danilo Moro, sindacalista di Unia –, le assunzioni dirette rendono ancor più palese lo sfruttamento dei dipendenti delle subappaltatrici. Tra il corriere Dpd e quello in subappalto, ci sono cinque-seicento franchi di differenza di paga mensile. Per uno si aggira circa sui 4.200 franchi lordi, l’altro 3.550 o 3.800 a seconda del padroncino». Scarti salariali così sostanziali esistono solo in Ticino, ma condizioni diverse per medesimo lavoro si riscontrano in tutta la Svizzera. Ma nemmeno tutto quel che è oro, luccica.

«Salutiamo positivamente il cambiamento per i lavoratori, ma vi sono molti aspetti problematici nelle nuove condizioni d’impiego da dipendente Dpd che andrebbero regolate in un confronto col sindacato» commenta Roman Künzler, responsabile nazionale Unia di settore. «Nei colloqui avuti coi vertici aziendali Dpd a Parigi, ci dissero apertamente che il sistema del subappalto era il loro modello aziendale praticato nel mondo intero e mai lo avrebbero cambiato. Ora in Svizzera lo stanno facendo, seppur parzialmente. Segno che la campagna di denuncia pubblica ha portato dei frutti». Da tempo si vocifera di un Ccl nazionale di settore di cui s’ignorano i contenuti, dal quale Unia è stata esclusa dalle trattative. Può aver influito nel cambiamento a Dpd? «No. Il Ccl si applicherebbe anche alle subappaltatrici. L’assunzione diretta è una conquista della lotta dei lavoratori e della denuncia pubblica del sistema di subappalto».

Pubblicato il 

26.02.24