Un filo d'acciaio che lega Lugano con il Donbass

Il commercio internazionale dell'acciaio, le lotte di potere in Ucraina e gli effetti su società “ticinesi”

Niente potrebbe essere più lontano. Lugano, con il suo lago, il clima quasi mediterraneo, e l’est dell’Ucraina, tutta acciaio e carbone, dove, nel Donbass, è in corso una guerra ormai dimenticata. Eppure un invisibile filo d’acciaio collega il Ceresio a queste terre ad est del fiume Dnipro. A unire le due regioni è il trading: parte dei prodotti siderurgici lavorati tra Donetsk e Dnipro è infatti venduta sui mercati internazionali tramite numerose società di commercio basate a Lugano. Negli ultimi anni i principali produttori ucraini e russi hanno aperto qui la loro antenna commerciale, trovando quel mix ideale tra buone condizioni quadro, savoir-faire (e credito) bancario e discrezione.


Il commercio di materie prime resta un mondo impenetrabile, opaco, le cui dinamiche sono difficili da capire per i non addetti ai lavori. Se per quanto concerne il settore del petrolio, il lavoro di alcune Ong come Public Eye ha permesso di chiarire alcune criticità (corruzione, impatto sociale e ambientale ecc.), per quanto concerne l’acciaio sappiamo poco o nulla. Accendiamo quindi un attimo i riflettori. Concentriamoci sull’Ucraina, dove il settore è controllato da alcuni oligarchi: poche persone che controllano l’economia del paese e ne determinano le vicissitudini politiche, rivoluzioni­ e guerre comprese. Cerchiamo di capire – senza la pretesa di essere esaustivi – come e perché Lugano è diventata un centro nevralgico di un settore strategico come quello dell’acciaio. E di come, magari, quanto deciso in un feltrato ufficio luganese, possa essere il riflesso di guerre di potere lontane anni luce dalla nostra realtà.


Il selvaggio Est
Il commercio di materie prime a Lugano è intimamente legato alla presenza della Duferco. Una sorta di modello, dai quali sono fuoriusciti manager che hanno a loro volta creato nuove società sulla piazza luganese. La storia di questo primattore globale è significativa e ci permette di riaggomitolare il nostro filo d’acciaio che da Lugano, su su in un percorso tortuoso che passa anche da Cipro e Lussemburgo, finisce nel Donbass.
È quasi in sordina che, negli anni ’90, il chiavarese Bruno Bolfo sbarca in Ticino con la sua Duferco. Presto, però, almeno tra gli addetti, di lui si comincerà a parlare. In poco tempo la società diventa il principale trader d’acciaio indipendente del mondo. In via Bagutti, Bolfo stabilisce il centro nevralgico del trading e del coordinamento delle attività del gruppo. L’ossatura finanziaria, quella, rimane offshore: dapprima a Guernsey e poi, dal 2010, in Lussemburgo, dove ha sede la Duferco International Trading Holding, oggi a maggioranza cinese.
Ma prima delle recenti alleanze con la Cina, il gruppo luganese si era lanciato alla conquista dell’ex impero sovietico. Nel caos della transizione all’economia di mercato si fanno strada anche Bolfo e & Co, che approfittano dei contatti stabiliti già ai tempi dell’Urss per stringere alleanze, firmare joint-venture strategiche e accordi con i principali produttori siderurgici russi e ucraini. Da Lugano si offre ai futuri oligarchi uno sbocco privilegiato per le loro materie prime sui mercati occidentali. In cambio
Duferco si assicura un accesso diretto alla materia prima e consolida quella rete d’influenza indispensabile per fare business nel selvaggio Est.


Una delle alleanze più importanti è quella con l’Unione industriale del Donbass (Isd), gruppo di Donetsk che produce circa un quinto dell’acciaio ucraino. Nel 2003, le due aziende si uniscono con una joint-venture che sembra vincente: a Duferco l’esclusiva sui prodotti della Isd; a quest’ultima il 50% di Duferco, nel cui cda s’insediano così due oligarchi: il russo Oleg Mkrtchan e l’ucraino Sergy Taruta, futuro governatore di Donetsk. Ma in questo settore nulla è scontato: cambia un rapporto di forza in Ucraina e tutto si ribalta a Lugano. Scrive, nel 2010, il periodico specializzato Metal Buletin: «La lotta per il controllo di un’acciaieria chiave dell’Ucraina si gioca altrove, non negli uffici di Kiev ma nell’apparente sonnolenta città di Lugano». La vicenda rimanda al controllo del principale alleato di Duferco: le già citate Isd. Succede che, nel gennaio 2010, un consorzio russo guidato dal magnate Alexander Katunin, considerato vicino a Putin, diventi l’azionista di maggioranza di queste acciaierie del Donbass. Katunin all’epoca controlla anche la Carbofer, una società di trading lussemburghese ma operativa a Lugano. Nel gennaio 2010, Carbofer diventa l’agente esclusivo dell’acciaio dell’Isd, tramite la neonata società luganese Isd Trade. L’operazione non mancò di suscitare malumori sulla piazza ticinese. Questo ruolo spettava infatti a Duferco, dai cui ranghi provenivano i manager di Carbofer. Riassumiamo: un cambio di proprietà dalle parti di Donetsk sfocia sul Ceresio in una sorta di faida tra ex colleghi di lavoro. Per la cronaca, Duferco ne uscirà comunque vincente dato che Carbofer fallì poco dopo, lasciandosi dietro una voragine di... 100 milioni di franchi.


Per un pugno d’acciaio
Per capire meglio il settore, area ha fatto visita a Norbert Stadler, uno svizzero-tedesco stabilitosi a Lugano nel 1999. Qui ha creato Allied, un gruppo che dirige tuttora e a cui hanno fatto capo alcuni imprenditori ucraini per sviluppare la propria attività a livello internazionale insediandosi in Ticino. Sorseggiando un caffè, ci spiega il senso della sua attività: «I clienti non possono accedere direttamente ai produttori, i quali, soprattutto in Ucraina e in Russia, vogliono essere pagati subito. Così interveniamo noi, cercando linee di credito, pagando direttamente i fornitori, assicurando il contratto e gestendo il prodotto fino a destinazione». Negli anni Duemila il nome di Lugano comincia a circolare a Est: anche per una sorta di effetto domino, molti grossi produttori siderurgici vogliono stabilire qui la propria società esclusiva di distribuzione. Possono organizzarsi da soli, oppure fare capo a persone come Stadler, che si occupano della creazione societaria e di trovare clienti e linee di credito. Il sistema sembra funzionare. Un’azienda che ha investito un milione di franchi per insediarsi a Lugano, in 10 anni ha accumulato più di 35 milioni di utile netto in Svizzera.


Anche Vikor Pinchuk, il secondo uomo più ricco di Ucraina, ha insediato la sua galassia a Lugano. La sua fortuna incomincia quando nel 2002 sposa Olena, figlia di Leonid Kuchma, secondo presidente del paese. Nel 2004 l’illustre suocero privatizza il maggiore complesso siderurgico ucraino, vendendo la metà alla Interpipe, di cui il genero è proprietario, ad un prezzo molto inferiore del reale. La Interpipe monopolizza in tal modo la fabbricazione di tubi in acciaio e si appoggia a Stadler per l’internazionalizzazione del gruppo attraverso l’apertura di tre distributori esclusivi in Ticino della Interpipe. Gli affari vanno bene, con circa 40 milioni di cifra d’affari al mese per alcuni anni.

 

Poi, con la rivoluzione arancione, avvengono alcuni cambiamenti. Per esempio: uno stabilimento del gruppo viene ristatalizzato, per cui «da un giorno all’altro la produzione è stata arrestata e la relativa distributrice di Lugano si è trovata senza il fornitore». Di episodi simili ce ne sono altri e Norbert Stadler riconosce che, a volte, quando « in Ucraina gli oligarchi si spartiscono gli asset il riflesso di queste lotte appare a Lugano».

Dalle parti di Donetsk e Dnipro, però, le ripercussioni sono più gravi. « Gli oligarchi dell'acciaio sono attivi anche in politca e controllano, in maniera ufficiosa, diverse frazioni del parlamento. Stiamo assistendo alla distruzione dell''Ucraina democratica e alla sua trasformazione in uno Stato neofeudale» spiega ad area Michał Kozak. Giornalista polacco, corrispondente dall'Ucraina per il giornale Financial Observer, Kozak ha scritto aluni articoli sulla gestione politica dell'acciaio e su come le ricchezze siderurgiche del paese non contribuiscono al benessere della popolazione locale. Per questo specialista “la ricchezza generata dal settore dell'acciaio non aiuta l'economia ucraina ed è “mangiata” dagli oligarchi fuori dal paese - a Cipro, Panama e alle Isole Vergini - grazie soprattutto al ruolo di intermediari svizzeri e britannici”. Basta fare un giro nel registro di commercio svizzero per rendersene conto: il capitale azionario della gran parte delle società di trading ticinesi facenti capo ai paesi dell'Est è infatti basato a .. Cipro.

Nel frattempo, le autorità cantonali puntano su questo fluttuante settore per sopperire alla crisi del settore bancario. Sulle rive del Ceresio l'acciaio sta lasciando un buon indotto. Il rovescio della medaglia, per ora, sta da un'altra parte.

Pubblicato il

23.11.2016 20:47
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