Politica

Philip Morris finanzia la destra, che ricambia in Parlamento

La multinazionale ha versato 70.000 franchi all’UDC e al PLR, partiti in prima linea contro le regolamentazioni anti tabacco

Philip Morris International ha versato 35.000 franchi a testa al PLR e all’UDC a sostegno della campagna per le elezioni nazionali 2023. È quanto emerge dai dati pubblicati dal Controllo federale delle finanze (CDF), incaricato di supervisionare le nuove disposizioni di legge che, da quest’anno, impongono di rendere pubblico il finanziamento dei partiti e delle campagne in vista di elezioni e votazioni. I doni superiori ai 15.000 franchi devono infatti essere dichiarati e tra i vari finanziatori della politica elvetica ecco così comparire una delle più grandi multinazionali del tabacco al mondo.

 

Philip Morris ha dei legami molto forti in Svizzera: la sua sede operativa mondiale è a Losanna mentre a Neuchâtel gestisce un centro di ricerca. Le sue relazioni con la classe dirigente non sono certo una novità. Negli anni '80 e '90, il produttore di sigarette ha regolarmente finanziato partiti politici di destra a livello nazionale, ma anche a livello cantonale (Vaud e Neuchâtel) e comunale (Losanna), come dimostrato nel 2019 dalla tesi di Jacques Olivier, dottore in medicina. Oggi, dopo anni di opacità, i dati pubblicati dal CFD dimostrano che la società ha versato 70.000 franchi alla destra per finanziare le prossime elezioni del Consiglio nazionale che si terranno il 22 ottobre.

 

«Nessuna contropartita»

 

Quale è il motivo di queste donazioni? Non ci si aspetta «nessuna contropartita» spiega ad area Ariane Buchli, portavoce della multinazionale. Philip Morris sostiene di essere «stata sollecitata dalle sedi nazionali dei due partiti» e di avere scelto di finanziarli perché «in generale, PLR e UDC, operano da tempo in favore di buone condizioni quadro per l’economia svizzera e di una situazione dell’impiego dinamico». Ciò che «un'azienda come Philip Morris apprezza, soprattutto in considerazione delle sue principali entità con sede a Losanna e Neuchâtel, nonché delle oltre 3.000 persone che impiega in Svizzera».

 

La multinazionale aggiunge infine che da una ventina d’anni «non fa più delle contribuzioni politiche in Svizzera» e che oggi, i nuovi dispositivi di legge in materia di trasparenza «offrono un quadro più favorabile a questo approccio».

 

«Finanziamento indecente»


«Questo finanziamento è indecente, ma purtroppo non sorprendente» ci dice Pascal Diethelm, Presidente di OxySuisse, un'associazione svizzera contro il fumo, e membro fondatore dell'Alleanza per la Convenzione quadro, una federazione mondiale di associazioni incaricate di supervisionare l'attuazione della Convenzione dell'OMS sul controllo del tabacco.

 

Per l’esperto «le somme dichiarate sono esigue, considerate le risorse a disposizione dell'azienda del tabacco in questione». Questo finanziamento, insomma, dà solo una visione molto parziale dell'influenza dell'industria del tabacco sulla politica in Svizzera: «Non è necessario che la somma sia elevata per creare un forte impegno da parte del beneficiario della donazione». Non a caso, aggiunge Pascal Diethelm, «l'interferenza dell'industria nei processi decisionali politici che riguardano direttamente o indirettamente i suoi interessi commerciali è profonda e molteplice, come rivela il rapporto Tobacco Industry Interference Index 2021, che colloca la Svizzera al penultimo posto su 80 Paesi».

 

Legge annacquata

 

È dal 2015, che la politica federale si sta occupando della legge sui prodotti del tabacco. La Svizzera è considerata uno dei paesi più permissivi al mondo. Anche perché – finora – gli interessi delle multinazionali della sigaretta hanno prevalso su quelli della salute pubblica. Le revisioni apportate negli anni sono state giudicate insufficienti dagli esperti in materia. Ci ha dovuto pensare il popolo, accettando nel febbraio 2022 un’iniziativa volta a proteggere i giovani dalla pubblicità del tabacco.

 

In risposta a questa decisione popolare, il Consiglio federale ha dovuto mettere mano alla legge. Ecco quindi che, lo scorso 21 settembre, il Consiglio degli Stati ha già posto alcune eccezioni alla proposta governativa. I senatori hanno ad esempio accettato di consentire la pubblicità in luoghi dove i giovani non avrebbero accesso, come le aree VIP nei festival o negli stadi. «Il Consiglio degli Stati sta chiaramente andando contro la volontà del popolo» hanno dichiarato i promotori dell’iniziativa.

 

La Camera alta ha invece bocciato la proposta della commissione preparatoria. che voleva che la pubblicità del tabacco sui giornali fosse consentita anche in futuro, a condizione che avvenga all'interno di «pubblicazioni vendute a persone adulte prevalentemente mediante abbonamenti». A schierarsi a favore di questa proposta – guarda caso – i membri dell’UDC e del PLR.

 

Lo chiamano lobbismo

 

A Berna, il lobbismo dell'industria del tabacco non è certo un segreto. Il presidente di Swiss Tobacco, la “comunità del commercio svizzero del tabacco", è il consigliere nazionale UDC zurighese Gregor Rutz. Il segretario generale di Swiss Cigarette, l'associazione delle tre aziende del tabacco che operano in Svizzera (Philip Morris, British American Tobacco e Japan Tobacco International), è Martin Kuonen. Secondo il sito del Parlamento, quest’ultimo è stato accreditato presso Palazzo federale dal Consigliere nazionale PLR vallesano Philippe Nantermod, membro della Commissioni della sicurezza sociale e della sanità.

 

A fine settembre la Svizzera è stata fustigata dall’OMS per la sua azione insufficiente in materia di lotta antitabacco. La Confederazione ha firmato la Convenzione dell'OMS sul controllo del tabacco nel 2004, ma è l'unico Paese in Europa e uno dei pochi al mondo a non averla ratificata. Le parole usate da Kerstin Schotte, responsabile medico dell'Unità No Tobacco dell'OMS: «Crediamo che il governo svizzero abbia ancora molta strada da fare per proteggere la popolazione dal fumo. Il motivo è ovvio: dalla terrazza dell'OMS, ad esempio, si può vedere l'edificio della Japan Tobacco International qui a Ginevra. E se si va a Losanna, si vede la sede europea di Philip Morris. Quindi, sì, c'è un conflitto di interessi». A Berna si dice lobbismo.

Pubblicato il

18.10.2023 17:04
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