Giustizia

Glencore paga 27 milioni di franchi alla Svizzera. Ma l’inchiesta continua

Risarcimento milionario da parte della multinazionale che continua ad essere al centro delle indagini per la corruzione nella Repubblica democratica del Congo

Il colosso delle materie prime Glencore International AG ha pagato un risarcimento di 27 milioni di franchi al Ministero pubblico della Confederazione (MPC). È quanto emerge da un decreto d’abbandono parziale firmato lo scorso 15 maggio dalla procuratrice federale Yvonne Ramjoué Wicki di cui abbiamo ottenuto copia di recente.

 

Patteggiamento

 

La decisione va inserita nel contesto dell’ammissione di colpevolezza che Glencore ha fatto, nel maggio del 2022, di fronte alle autorità giudiziarie degli Stati Uniti. Al centro della vicenda le accuse di corruzione in diversi Stati tra cui Brasile, Nigeria, Venezuela e Repubblica Democratica del Congo (RDC). La società si era dichiarata colpevole di ogni accusa e aveva patteggiato un risarcimento totale da 1,5 miliardi di dollari da spartire con le autorità americane, britanniche, brasiliane e svizzere.

 

L’ammontare per la Confederazione era stato fissato a 29 milioni di dollari (27 milioni di franchi svizzeri) ed era relativo agli atti di corruzione nella RDC che hanno coinvolto la sede centrale di Baar. Glencore aveva così un anno di tempo per versare questa somma nelle casse federali. Allo scadere della data limite, ecco quindi che la multinazionale ha saldato quanto promesso anche in Svizzera, dove la società è sotto indagine dal giugno 2020.

 

Cultura della corruzione

 

Il risarcimento è stato ufficializzato attraverso un decreto d’abbandono parziale. Nel documento della Procura federale non vi sono grande novità. Viene in sostanza ricalcato quanto già ribadito dalle autorità degli Stati Uniti. E cioé che all’interno di Glencore la cultura della corruzione era radicata fino ai massimi livelli. Ad esempio viene citato il ruolo di uno dei massimi dirigenti dell’epoca: Telis Mistakidis, a lungo responsabile del reparto rame e fidato collaboratore dell’allora CEO Ivan Glasenberg.

 

Il manager di origine greca è stato coinvolto in uno schema corruttivo di funzionari congolesi. Nel Paese africano la multinazionale era confrontata con delle controversie contrattuali. Un agente di Glencore sul posto scrive allora una mail a Mistadakis con la quale gli diceva di avere «bisogno di pressioni politiche». A proposito gli suggeriva che ci sarebbe stato bisogno di «una quantità ragionevole di munizioni per riuscirci». Munizioni monetarie, beninteso, che sono giunte pochi giorni dopo sotto forma di un pagamento di 500.000 dollari.

 

Vicenda conclusa? Non proprio

 

Il decreto d’abbandono parziale del 15 maggio 2023 tiene conto del risarcimento di 27 milioni di franchi, corrispondente ad una parte dei vantaggi illeciti ottenuti. L’indagine relativa ai fatti descritti nel patteggiamento americano è quindi stata abbandonata. Ma l’inchiesta elvetica non è finita qui e continua su due filoni.

 

Il primo riguarda l’inchiesta contro la stessa Glencore per "carente organizzazione interna" per gli altri fatti oggetto d’indagine scattata nel giugno 2020 e non coinvolti nel risarcimento milionario. Il secondo filone concerne indagine aperta nel maggio 2019 contro ignoti. Un’inchiesta tuttora in corso, come confermatoci da un portavoce della Procura federale. Questo secondo incarto penale, di fatto il più imbarazzante per il gruppo, è stato innescato da una denuncia penale presentata da Public Eye nel 2017 e integrata da nuovi documenti nel maggio 2019.

 

In particolare, l'ONG ha inviato all'MPC una copia di un contratto stipulato nel 2013 tra una filiale della Glencore International AG e una società gestita da Pieter Deboutte, uno stretto collaboratore dell'uomo d'affari israeliano Dan Gertler. Personaggio controverso, amico dell’allora presidente Joseph Kabila, Gertler è stato l’intermediario grazie al quale Glencore ha ottenuto in maniera opaca e a prezzi stracciati le sue partecipazioni nelle miniere congolesi. La vicenda era stata raccontata dall’inchiesta giornalistica dei Paradise’s Paper.

 

Secondo il documento ottenuto da Public Eye, la filiale pagava 6 milioni di dollari all'anno per «mantenere buone relazioni con le alte sfere del potere congolese, fino alla presidenza».

 

 

Pubblicato il

21.09.2023 09:00
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