Lavoro

Così la logistica si mangia la Lombardia

Reportage dalla periferia milanese dove il boom dei capannoni genera tutta una serie di problemi. Tra i protagonisti anche un gruppo con sede in Ticino

Nell’ultimo ventennio la Lombardia ha trasformato parte del suo tessuto produttivo diventando uno dei più importanti centri logistici europei. Un fenomeno che ha trasformato il paesaggio e il territorio. A margine dei grandi assi autostradali, laddove c’erano le industrie o i campi agricoli, sono spuntati come funghi giganteschi capannoni. Tutto ciò ha generato una serie di  problemi: traffico, peggioramento della qualità dell’aria, consumo di suolo. Tra i protagonisti di questo boom vi è anche Akno, leader sul mercato dell’immobiliare logistico nel Nord Italia, la cui casa madre si trova a Lugano. Di recente, il gruppo ha espresso la propria volontà di costruire un nuovo gigantesco “business park” all’interno di un parco agricolo protetto a sud di Milano. Un progetto controverso, che sta suscitando grande dibattito e preoccupazione. Per saperne di più siamo andati a vedere sul posto.

 

Una prostituta seduta su una sedia rossa in plastica fuma e osserva il viavai di camion e furgoncini. La Binaschina, la strada statale che porta al grande svincolo di Melegnano, all’entrata Sud di Milano, è un flusso di traffico inarrestabile. A fianco dei Tir, vulnerabili come birilli trottano le bici e i monopattini di chi ha appena finito il turno nella vicina zona industriale di Carpiano. Tutt’attorno è un dedalo di depositi, una selva di rimorchi messi a casaccio ai bordi di straduncole dove a fatica incrociano gli autocarri che fanno la spola tra le baie di carico e i luoghi di consegna. Il rumore costante del traffico ci tiene compagnia anche mentre pranziamo sulla terrazza del Cavallino, una trattoria zeppa di camionisti e operai. Le penne all’arrabbiata sono abbondanti e a buon prezzo. Quando usciamo, la sedia rossa è disabitata. Il flusso di camion, quello, continua imperterrito.


Siamo in un luogo come tanti altri nella bassa milanese, dove si intersecano le province di Milano, Pavia e Lodi. Carpiano è un paese di poco più di 4.000 abitanti, con un territorio ancora in gran parte coperto da campi agricoli, ma sul quale il settore della logistica ha messo le mani da ormai qualche anno. Qui, nella vecchia zona industriale, a dominare ormai sono i marchi di colossi come DHL, 3M o SDA. A spiegarci le ragioni di questa corsa al capannone è il sindaco Paolo Branca, che ci accoglie nel suo ufficio nella parte antica del paese: «Siamo a dieci chilometri in linea d’aria dal Duomo di Milano e vicino ai principali snodi autostradali d’Italia, quelli che portano nella Città metropolitana milanese col suo bacino di 3,5 milioni di persone, e quelli che scendono verso l’Emilia Romagna, il Veneto e il porto di Genova. È ovvio che questa condizione crea una domanda di insediamenti logistici». Eletto per una lista civica di centro-sinistra, il primo cittadino è consapevole dei problemi generati dal settore: «Vi è la questione del traffico, sempre più presente, con oltre 30.000 veicoli al giorno che passano dalla Binaschina. La logistica inoltre ha un’incidenza occupazionale molto bassa. Oltre al fatto che la gran parte dei lavoratori fa capo a cooperative e vive situazioni di precariato molto elevate». Il sindaco sa di cosa parla. Più volte il comune ha offerto ospitalità alle vertenze sindacali, come quella che nel 2017 fece seguito a uno sciopero di oltre 400 facchini di SDA.

Una proposta indecente


All’entrata dell’area industriale, spicca un centro commerciale e un moderno hotel. Sono di proprietà di un altro grande attore del ramo: Akno Business Park, società di Milano la cui casa madre Akno Group si trova a Lugano. La società è una dei leader dell’immobiliare logistico. In sostanza compra terreni o stabili industriali dismessi e realizza dei depositi che poi vende o affitta ai vari operatori del settore. Sull’onda lunga del boom logistico di questi anni, il gruppo ha costruito magazzini in tutto il Nord Italia, tappezzando la Pianura Padana con il proprio marchio. Un’avanzata spettacolare che non sembra fermarsi.

 

Oggi, Akno è al centro dei riflettori per una proposta che non è esagerato definire indecente: un progetto per un nuovo “business park” da 645mila metri quadrati, l’equivalente di 60 campi da calcio. Un progetto che non solo raddoppierebbe l’attuale area industriale, ma che si svilupperebbe all’interno di un importante parco agricolo protetto, il Parco Agricolo Sud Milano. Una zona di 47.000 ettari  che abbraccia, e protegge, tutta la parte meridionale della Città metropolitana milanese.


Resa nota da Legambiente, la proposta di Akno ha suscitato grande preoccupazione in Lombardia, regione il cui suolo è sempre più divorato dagli appetiti delle multinazionali logistiche. A raccontarci il retroscena della vicenda è lo stesso sindaco Branca: «Nel 2022 Akno ci ha chiesto un incontro e ci ha presentato questo progetto. Abbiamo preso atto, facendo però presente che esso riguarda un’area protetta, dove secondo le norme comunali, metropolitane e del Parco non si può costruire».

 

In concreto, quindi, il comune ha detto di no. Ma la vicenda non è certo conclusa. Akno ha fatto seguire una proposta scritta con tanto di allettante offerta economica. In soldoni, tramite un documento che abbiamo potuto consultare, la società propone di mettere sul tavolo 15 milioni di euro extra oneri da suddividere tra Carpiano, i comuni limitrofi e l’ente che gestisce il Parco. Un’offerta che non ha smosso il sindaco dalle sue posizioni: «Non si può negare che i piccoli comuni come il nostro facciano fatica a fare quadrare i conti e che proposte come queste possano essere allettanti. Ma, ripeto, le regole pianificatorie non permettono la realizzazione di questo progetto».


Una Regione vulnerabile


«Non è la prima volta che vengono avanzate richieste come queste. Gli spazi agricoli che circondano Milano fanno gola alle aziende del settore, che anche attraverso la leva finanziaria provano a fare presa sui piccoli Comuni». Damiano Di Simine è il coordinatore scientifico di Legambiente Lombardia. Da anni analizza l’impatto dei giganti della logistica in quella che è la regione a più alto consumo di suolo d’Italia. Lo incontriamo al Cavallino, dove ci raggiunge dopo un lungo periplo fra treno e bicicletta. Assieme a lui, sono presenti anche Paolo Lozza e Renato Aquilani, esponenti dell’Associazione per il Parco Sud Milano. I due ci spiegano l’importanza di questo ente creato nel 1990 e che tocca 60 Comuni: «Il Parco rappresenta quasi il 30% della superficie totale della Città metropolitana e svolge un ruolo ecologico di primaria importanza, una sorta di cuscinetto verde che ha frenato l’avanzare inesorabile della città e delle industrie».


In passato c’è già chi, come la Mapei, ha tentato – invano – di rosicchiare terreno a questo territorio tanto pregiato quanto ambito. «Se il parco esiste ancora in una zona così vulnerabile dal punto di vista dell’attrattività immobiliare significa che, nonostante una gestione non sempre ideale, per ora ha funzionato» ci spiega da parte sua Damiano Di Simine. In effetti, soltanto a pochi chilometri da qui i comuni pavesi e lodigiani, non tutelati dal Parco, hanno visto sorgere sui propri territori milioni di metri quadrati di capannoni e posteggi. Una sorta di giungla logistica, ben visibile guardando le immagini satellitari.

 

«C’è uno squilibrio evidente tra la dimensione dei poli logistici e la grandezza e il potere contrattuale dei piccoli comuni in cui si insediano. Questo porta a trasformazioni territoriali svantaggiose per il pubblico, con costi ambientali e sociali che ricadono sulla collettività» continua l’esperto di Legambiente. Oggi, il fatto che un gigante come Akno, noto per i suoi metodi “aggressivi”, tenti di espandersi all’interno di una zona protetta fa paura agli ambientalisti. Malgrado le rassicurazioni date dal sindaco di Carpiano, Di Simine è preoccupato: «Temo che se Akno si sia mossa in questo modo è perché ha trovato delle aperture politiche presso la Regione, altrimenti non avrebbe presentato un progetto di queste dimensioni, con annessa offerta da 15 milioni per ottenere il consenso del Comune». Ad alimentare i dubbi vi è il prossimo cambio di governance nella gestione del Parco: se prima era la Città metropolitana a decidere, ora sarà un consiglio in cui siedono tre membri nominati dalla Regione. Per l’ambientalista proprio la Regione, governata dal leghista Attilio Fontana, è «l’ente più vulnerabile agli interessi economici».


Il timore è quello che, nonostante gli attuali vincoli, la Regione potrebbe dare delle deroghe sulla base degli interessi economici messi in campo. Una preoccupazione che è condivisa da Paolo Pileri, professore di pianificazione e progettazione urbanistica al Politecnico di Milano: «Io non ho mai visto una proposta di questo tipo che corrisponde al 7% del consumo di suolo previsto dalla Regione». L’esperto, autore di un libro su come salvare il suolo dal cemento, ha preso di recente posizione sul progetto di Akno: «Sarebbe ora di aprire un dibattito politico sulla logistica. Rimane in me lo stupore che quel che è successo a Carpiano non sia diventato un argomento politico» ci dice al telefono.

Timori anche a Origgio


Dopo il giro tra i capannoni della cintura sud milanese, inforchiamo la tangenziale e saliamo verso nord. Prossima fermata: Origgio. Siamo all’inizio dell’A9, l’autostrada che porta a Chiasso, già in provincia di Varese. Se Carpiano era strategico a sud, Origgio lo è a nord: a pochi passi da Milano, vicino a Malpensa e all’interporto di Busto Arsizio e sugli assi autostradali che portano al Gottardo e al Sempione. Non a caso anche qui, in un ingorgo di strade, autostrade e sopraelevate, sono presenti una quindicina di depositi, tra cui quello di Amazon.


In questa terra promessa del cemento e dei gas di scarico ecco sbarcare anche la Akno. Il gruppo con sede a Lugano ha da poco acquistato gli stabili dove aveva sede la Novartis. Il colosso farmaceutico aveva qui il suo quartier generale italiano, ma ha deciso di trasferirlo a Milano. Ora, questo stabile rosso da 32.000 metri quadrati è nelle mani di Akno che sul suo sito vanta il proseguimento della propria «espansione immobiliare». Cosa ne farà dello stabile rimane ora un mistero. Certo che l’arrivo in questo territorio fortemente congestionato di un gruppo noto per creare grossi capannoni logistici suscita preoccupazione. Perciò un gruppo di cittadini ha creato il Comitato Prospettive Ex Novartis, con lo scopo di avere un occhio vigile su quanto succederà nell’ex stabilimento. Incontriamo alcuni suoi rappresentanti in un bar al centro di questo paese di quasi 8.000 abitanti: «Siamo schiacciati e soffocati dal traffico generato dal settore della logistica. Temiamo che qui venga creato l’ennesimo deposito con tutto ciò che comporta in termini di impatto ambientale e sulla viabilità» ci spiega il presidente Bruno Denicolai.

 

La zona, che comprende anche le vicine Saronno e Uboldo, è ormai completamente cementificata, ciò che favorisce isole di calore e l’insorgenza di fenomeni climatici estremi: «Quest’estate sono piovuti meloni di ghiaccio, il riscaldamento climatico è qui, ora, sulle nostre teste. Non possiamo quindi continuare in questo modo a depredare il territorio». Il comitato ha promosso una raccolta di firme e chiesto che il comune attivi uno strumento di consultazione pubblica per questo e altri progetti fortemente impattanti sull’ambiente. La seduta pubblica si è svolta il 27 febbraio scorso, con gran partecipazione di pubblico, ma dopo di allora la giunta di centro-destra è rimasta silente, così come tutta la politica regionale. Nel frattempo a Origgio, come a Carpiano e come in altri luoghi del Nord Italia, si teme che i famelici giganti della logistica continuino la loro insaziabile abbuffata.


Pubblicato il

14.09.2023 14:04
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