Italia

Bisogna inorgoglirsi o vergognarsi di essere italiani? Due sentimenti opposti in questo caso si tengono insieme perfettamente, potrebbe sembrare un paradosso ma non lo è. Orgoglio per l’Italia della solidarietà, abitata dai pescatori di Lampedusa che salvano i migranti africani sopravvissuti a guerre, fame, mercanti di uomini e alle onde e ai gorghi del Mediterraneo. È l’Italia del docufilm “Fuocoammare” raccontata dal regista Gianfranco Rosi che l’ha portata fino alla nomination per l’Oscar a Hollywood. È l’Italia del volontariato e dei soccorritori che scavano quasi a mani nude per tirar fuori vivi da una montagna di neve 4 bambini e 5 adulti insieme a tre cucciolotti di pastore abruzzese bianchi come la neve; o che muoiono nello schianto di un elicottero che trasportava uno sciatore appena salvato a un tiro di schioppo dall’albergo costruito abusivamente al fondo di un canalone e spazzato via da una valanga più che prevedibile. È l’Italia degli aiuti ai terremotati, alle vittime delle bufere di neve e del freddo, siamo i cittadini europei che investono di più in solidarietà. L’immagine più bella è quella del bambino tirato fuori dalla tragedia bianca tra abbracci e lacrime dei volontari e dei professionisti della Protezione civile mai domi o rassegnati che scavano ancora, tirano fuori vivi e morti tra i 40 sfortunati lavoratori e turisti presenti nell’albergo che non c’è più. Un’immagine che ha stretto l’Italia perbene intorno a un buchetto nella neve da cui spunta una piccola testa, una scena che ricorda le lacrime del presidente Pertini a Vermicino quando si tentava di salvare il piccolo Alfredino precipitato in un pozzo. È l’Italia dell’autogestione dei campi dei terremotati il paese sano.
Poi c’è l’Italia della vergogna, quella più realista e liberista dell’Unione europea che ci regala il pareggio di bilancio in Costituzione, l’Italia dei tagli alla spesa pubblica che strangola comuni e territori costretti a tener fermi i mezzi di soccorso, frese turbine elicotteri e spazzaneve, perché mancano i soldi per la manutenzione e per la benzina. L’Italia della burocrazia cretina con i funzionari della Prefettura che negano l’evidenza (l’albergo spazzato via da una massa di neve dal peso equivalente a quello di 4.000 tir) e ritardano i soccorsi, mentre non bastano 5 mesi per alzare delle tensostrutture atte a salvare decine di migliaia di mucche e pecore (la ricchezza di queste terre), di conseguenza ammazzate dal freddo e dalla fame mentre i pastori dormono nelle roulotte a 20 gradi sotto zero; in 5 mesi quest’Italia della vergogna riesce a costruire solo 25 casette prefabbricate in legno da assegnare con una lotteria ad altrettanti fortunati tra migliaia di famiglie la cui casa, in un territorio appenninico al confine tra 4 regioni, è stata distrutta dai terremoti; è l’Italia che tiene bloccati per ore e giorni alla frontiera con la Svizzera i soccorsi e i mezzi messi a disposizione dal Ticino. E l’Italia che solo 5 giorni dopo la tragedia di Rigopiano scopre che tra i dispersi c’è anche un operaio senegalese dalle pelle nera sepolto sotto la coltre bianca. O che non ci informa dei dieci africani rifugiati o richiedenti asilo venuti dal nord a scavare insieme a volontari abruzzesi, veneti, trentini, napoletani. L’Italia della vergogna è quella in cui il presidente della commissione grandi rischi si permette di dire che la diga di Campotosto potrebbe subire la stessa tragedia del Vajont, quando un pezzo del monte Toc si staccò precipitando nell’invaso e alzando un’onda che uccise quasi duemila persone. Quell’irresponsabile ha scatenato il panico tra la popolazione abruzzese, salvo poi smentirsi senza che nessuno lo abbia cacciato a calci in culo. È l’Italia che abolisce le Provincie senza passare ad altre istituzioni le competenze ma poi le ripristina, o che ridimensiona la Forestale in un paese dove monti e boschi andrebbero tutelati e non abbandonati alla speculazione, la stessa speculazione che ha consentito la costruzione di una Spa di lusso sul Gran Sasso sulle macerie di una precedente speculazione edilizia, macerie provocate da precedenti slavine. È l’Italia in cui decine di migliaia di famiglie sono senza luce e riscaldamento ancora oggi, dopo una decina di giorni sotto zero e sotto un muro di neve non spazzata.
Orgogliosi e vergognosi, italiani che si aggiustano e si aiutano tra una tragedia e l’altra, osservando una politica che ha perso anima e differenze, in una notte in cui tutte le vacche sembrano grigie, e forse lo sono. Italiani che osservano i predicatori della moralizzazione finiti sotto inchiesta, come la sindaca a cinque stelle di Roma per falso in atto pubblico e abuso d’ufficio, mentre l’attore che guida il movimento abbandona il giustizialismo per convertirsi al garantismo verso i sui fidi, e fuori gli infedeli. È l’Italia che incassa dalla Corte costituzionale la parziale bocciatura di una oscena legge elettorale chiamata Italicum: via il ballottaggio, dato che il contesto non è bipolare ma tripolare, ma confermato il ricco premio di maggioranza che consentirà di governare a chi raccoglie più del 40% dei consensi, e confermate le pluricandidature (fino a 10 collegi e i plurieletti andranno dove il sorteggio deciderà) che tolgono altro potere di scelta ai cittadini. Una sentenza, le cui motivazioni faranno un po’ di chiarezza tra un mese, che sembra un regalo a Renzi e a Salvini che vogliono il voto subito senza neppure dover scrivere una nuova legge: è la politica che delega le scelte fondamentali non al potere legislativo ma a quello giudiziario che fino al 4 dicembre si voleva imprigionare. La Consulta aveva già fatto brindare Renzi salvando il jobs act.

Pubblicato il 

25.01.17
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