A briglie sciolte

Poco più di un mese fa commentando da queste colonne il risultato delle elezioni olandesi, sottolineavo come fatto fondamentale il disastro del partito socialdemocratico, fino a qualche anno prima la principale forza politica del paese. In questa tornata lo storico “partito del lavoro” (come si chiama da quelle parti il movimento socialdemocratico) ha perso quasi tre quarti dei voti, scendendo al di sotto del 10%. Contemporaneamente il partito socialista, nato come movimento filo-maoista ed ora con posizioni vicine a quelle della Linke in Germania, è diventato di gran lunga la forza principale a sinistra ed assieme ai Verdi Alternativi fa sì che la sinistra radicale rappresenti ora grosso modo un terzo dell’elettorato.


Qualcosa di molto simile è avvenuto domenica con il primo turno delle elezioni presidenziali francesi. A fronte del disastro ampiamente annunciato del partito socialista, la sinistra radicale di Mélenchon ha non solo quasi raddoppiato i voti rispetto a 5 anni fa, ma ha sfiorato il 20%. Se pensiamo che il candidato trozkista (Poutou) e quella marxista-leninista (Arthaud) assieme hanno totalizzato più del 2% dei voti, c’è da strapparsi i capelli a pensare che se si fossero unite, come si sarebbe dovuto, le forze, probabilmente il secondo turno si sarebbe deciso tra il social-liberale Macron (che di socialista ha ben poco) e Mélenchon. Tenuto conto che Mélenchon, per riconoscimento unanime, tra tutti i candidati era il più convincente nei dibattiti televisivi e considerando che buona parte della base elettorale di Marine Le Pen viene dai ceti popolari, non è fantascienza pensare che Mélenchon, molto abile nella propaganda anti-casta, avrebbe anche potuto farcela.


L’elezione francese ha un altro punto in comune con quanto capitato in Olanda: in entrambi i casi i giovani al di sotto dei 25 anni hanno scelto in massa i partiti della sinistra radicale. È un dato di fatto che si era già manifestato nelle primarie americane con l’enorme successo di Bernie Sanders in questa fascia d’età, e che ora si sta quindi generalizzando anche in Europa. Se è vero che l’evoluzione sociologica in Svizzera avviene sempre con un certo ritardo rispetto a tante altre realtà, è però evidente che questo è un dato fondamentale di cui dobbiamo tener conto se vogliamo far rinascere anche da noi una sinistra combattiva e possibilmente vincente. Come non possiamo non tener pure conto dell’altra lezione fondamentale che ci arriva anche dalla Francia: se parte della sinistra radicale si disperde in rivoletti, alla fine si fa il gioco se non proprio della destra, almeno dei cosiddetti social-liberali, che a parole si dice di voler combattere. A buon intenditore ticinese…..

Pubblicato il 

26.04.17
Nessun articolo correlato