Politica dei trasporti

Il nuovo orario ferroviario che entrerà in vigore il prossimo 11 dicembre si porta appresso una novità storica: mezz’ora di viaggio in meno sull’asse Nord-Sud. Tutto ciò grazie alla nuova galleria di base del San Gottardo, inaugurata in pompa magna lo scorso giugno e ora finalmente in funzione. Una storia di lotte e sofferenze (1 morto ogni 6,3 km), quella di Alptransit, ma anche di miliardi investiti dalla Confederazione in favore del trasporto su rotaia. Un appoggio al treno sempre sostenuto dalla popolazione alle urne e che fa della rete ferroviaria elvetica una delle più efficienti al mondo.  Tuttavia, uno spauracchio comincia ad aggirarsi sulle nostre strade: i grandi bus di linea che oggi attraversano la Svizzera e, presto, potrebbero concorrenziare proprio la ferrovia. Sempre che non lo facciano già. Violando la legge.

Cabotaggio. Per alcuni questa strana parola deriva dal navigatore Giovanni Caboto, conosciuto per aver continuato, dopo Cristoforo Colombo, i viaggi di scoperta verso il Nuovo mondo. Per altri linguisti l’etimologia risale invece al termine spagnolo cabo ­– “capo” – per cui cabotaggio significherebbe la navigazione da capo a capo, da porto a porto. Seguendo questa logica, nel diritto svizzero cabotaggio è diventato «il trasporto di viaggiatori all’interno di uno Stato effettuato da un’impresa di trasporto che non è domiciliata nello Stato dove il trasporto è effettuato». In Svizzera, per farla breve, questa pratica non è permessa.


Sono infatti le Ferrovie federali svizzere (Ffs) ad avere il monopolio del trasporto delle persone sulle grandi distanze. Una strategia ambientalista e che permette una buona copertura del territorio: gli assi centrali, più redditizi, finanziano quelli più periferici e meno gettonati. Per questo, e per proteggere gli investimenti nella ferrovia, esiste il divieto di cabotaggio. Una compagnia di bus straniera può, sì, offrire un servizio da/per la Svizzera (con un’autorizzazione) ma non ha il permesso di trasportare dei passeggeri da un punto A ad un punto B all’interno della Confederazione. Una regola che sembra essere sempre meno rispettata. Lo ha dimostrato un’inchiesta della Rts. Un giornalista è partito da Basilea ed è sceso a Ginevra, semplicemente acquistando un biglietto Basilea-Lione. Costo dell’operazione: 9 euro, contro i 45 franchi che avrebbe speso per il treno. Una differenza di prezzo che permette a taluni di giustificare la richiesta di una più grande liberalizzazione. Lo stesso Stefan Meierhans, il sorvegliante dei prezzi, sostiene la possibilità che delle compagnie private di bus possano concorrenziare l'offerta delle Ffs nei collegamenti interurbani. Una concorrenza che, dice in un commento apparso su le Temps,  potrebbe fare abbassare le proibitive tariffe del treno. Una concorrenza che, però, è sleale: basta pensare alla differenza di salari tra autisti svizzeri e europei o all’inesistente contributo per l’utilizzo delle infrastrutture di cui beneficiano le compagnie di bus.


In questo momento, l’Ufficio federale dei trasporti (Uft) ha aperto una procedura contro la società tedesca Flixbus per sospetta violazione del divieto di cabotaggio sulla linea Costanza-Lione. È proprio questa azienda che  ha cambiato il modo di viaggiare di milioni di persone in Europa: decine e decine di tratte a prezzi stracciati su e giù per il continente e attraverso le Alpi. Flyxbus sta ora puntando esplicitamente al mercato elvetico. Secondo il suo direttore, nel 2016, l’azienda avrà trasportato più di 1 milione di passeggeri in Svizzera (136 transiti quotidiani) ciò che rappresenta una crescita di circa il 50% rispetto al 2015. Qualche giorno fa lo stesso operatore ha così comunicato la volontà di ampliare la sua offerta elvetica, in particolare sull’Altipiano. Per il momento l’operatore non ha ancora l’autorizzazione. Ma l’Uft sarebbe disponibile a esaminare la richiesta. L’approccio liberale dimostrato dall’Uft sembra avere spinto Fliyxbus ad investire nel mercato elvetico: «Lo spirito di apertura di cui fa prova l’Uft ci motiva a esaminare seriamente dei collegamenti interni alla Svizzera» ha dichiarato a Bilanz il direttore della società tedesca.


Piano piano si ha come l’impressione che il monopolio pubblico della ferrovia nel collegamento fra città stia cominciando a sgretolarsi.


Le pressioni in questo senso si susseguono. Un anno fa il consigliere nazionale Philippe Nantermod  ha depositato una mozione in cui chiede la liberalizzazione sostenendo che essa «permetterà alla Svizzera di restare al passo con lo sviluppo economico dell'Europa». Nella sua risposta, negativa, il Consiglio federale ha mantenuto una visione protezionistica a favore delle Ffs. Ma il sentimento è che presto qualche cosa cambierà. Il Governo ha accettato un postulato del ticinese (e lobbista dei trasportatori privati) Fabio Regazzi che chiede di redigere un rapporto sul futuro ordinamento del mercato nel traffico viaggiatori nazionale dopo la scadenza della concessione Ffs nel 2017. Un altro rapporto atteso per l’anno prossimo concerne il traffico internazionale viaggiatori su strada e ferrovia. Ad occuparsi dei due rapporti sarà sempre l’Uft, la cui posizione rispetto alle concessioni dei bus su lunga percorrenza è molto liberale. Per Bruno Storni, granconsigliere Ps e neopresidente della sezione Svizzera italiana dell’Associazione traffico e ambiente siamo di fronte ad un controsenso: «Se consideriamo quanto si investe per una rete ferroviaria moderna ed efficiente in Svizzera, con orari cadenzati dalle 6 alle 24, con centinaia di fermate distribuite su tutto il territorio nazionale attraverso una rete di 3.000 km di binari per offrire un servizio il più vasto possibile, i nuovi servizi di bus privati rappresentano chiaramente una concorrenza sleale alla ferrovia. Senza calcolare il fatto che i bus sono nettamente più inquinanti della ferrovia, che in Svizzera si muove prevalentemente con la forza idroelettrica». Già, ma in tutto questo dibattito, la questione ambientale sembra per ora completamente ignorata.

Pubblicato il 

06.12.16
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