Lo scorso 5 ottobre la furia dell’uragano Matthew ha investito le province orientali di Cuba, arrecando danni più o meno gravi soprattutto in una zona abitata da più di 350.000 persone. Tanto per fare un esempio, la quasi totalità delle 12.000 abitazioni del borgo di Maisi sono state totalmente o parzialmente distrutte. Grazie all’organizzazione esemplare della protezione civile cubana, che aveva provveduto ad evacuare e a mettere al sicuro più di un milione e mezzo di persone, non c’è stata nessuna vittima. Lo stesso uragano ha invece provocato un migliaio di morti ad Haiti ed una dozzina in Florida, anche se è arrivato sulle coste degli Stati Uniti, avendo oramai già perso buona parte della sua violenza.


Purtroppo, seguendo una tradizione oramai consolidata, i media internazionali e nazionali non hanno fatto praticamente alcun cenno a questo grosso successo cubano. E sì che l’aver salvata la vita è senza alcun dubbio il diritto umano più fondamentale: ma oramai è da un pezzo che abbiamo capito che i discorsi sul rispetto dei diritti umani vengono fatti, molto spesso travisando i fatti ed in modo ipocrita, solo quando in un modo e nell’altro si può cercare di mettere Cuba sul banco degli accusati. Non parliamo poi del fatto che, anche stavolta, nessuno ha mai parlato di venire in aiuto a Cuba per riparare i danni provocati da questa catastrofe naturale. Per esempio per la nostra “Catena della solidarietà”, che è sempre solerte nel lanciare appelli per altre disgrazie, Cuba sembra semplicemente non esistere. Ma non è solo un difetto “svizzero”: anche qui la lunga mano del Grande Fratello statunitense riesce a controllare la situazione. Stavolta il tutto è diventato talmente macroscopico che pochi giorni fa l’Onu, in una dichiarazione ufficiale, si è sentita obbligata a ricordare alla comunità internazionale i danni subiti da Cuba a causa dell’uragano Matthew, invitando la stessa comunità a non dimenticare l’isola caraibica nei suoi piani di aiuto.


Ma a proposito della propaganda contro la rivoluzione cubana non c’è oramai purtroppo più niente che dovrebbe meravigliarci.
Recentemente sono stato invece scioccato leggendo in un articolo, nel quale Roberto Saviano commentava su Repubblica (8 ottobre) il rigetto per poche migliaia di voti del referendum colombiano sugli accordi di pace con le Farc, un’affermazione strabiliante del tipo “se gli accordi con le Farc sono stati siglati e discussi lungamente a Cuba, è perché, come tutti sanno, quest’isola è la principale piazza di transito della droga colombiana verso gli Stati Uniti, nonostante che Fidel lo neghi”. Che Saviano possa dire una simile enorme cavolata, per usare un termine ancora gentile, dimostra come la capillare propaganda contro l’isola caraibica sia ormai penetrata nei cervelli di quasi tutti i commentatori mainstream.
In fondo lo sapevo, ma anche questa volta non ho potuto fare a meno di mangiarmi il fegato.

Pubblicato il 

09.11.16
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